Con la recente sentenza n. 20593/17, pubblicata lo scorso 30 agosto, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Roma condividendone la decisione in ordine all’illegittimità del trasferimento disposto da Poste Italiane nei confronti di una dipendente riammessa in servizio a seguito di declaratoria giudiziale dell’illegittimità del contratto a termine.
La lavoratrice, difesa dallo Studio legale dell’Avv. Roberto Rizzo, aveva originariamente prestato servizio con contratto a tempo determinato presso l’U.P. di Roma Trullo.
A seguito della pronuncia con cui la Corte d’Appello di Roma aveva confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’illegittimità del contratto a termine e l’instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato, la stessa veniva riammessa in servizio; la società tuttavia ne disponeva il trasferimento presso il PDD di Anzio, in base a pretese esigenze organizzative, avendo affermato nel provvedimento poi impugnato la mancanza di posti di lavoro disponibili presso il Comune di Roma.
Il ricorso della lavoratrice, avente ad oggetto l’illegittimità del trasferimento, veniva accolto dal Tribunale di Roma; la pronuncia di primo grado veniva poi confermata dalla Corte d’Appello di Roma.
Con la citata sentenza n. 20593/17 la Corte di Cassazione ha definitivamente confermato l’illegittimità del trasferimento disposto da Poste Italiane evidenziando come la società non abbia “assolto l’onere, su di essa gravante, di provare le esigenze tecniche, organizzative e produttive necessarie a garantire la legittimità del trasferimento”.